Zeppole di Carnevale in Sardegna: la ricetta, la leggenda
Da noi zeppole le facciamo tonde e con il buco. Non sono lunghe fino a due o tre metri come accade altrove. Pensa che a Luras le donne più abili le potevano offrire ai questuanti direttamente dalla finestra.
Qui, nel Campidano di Cagliari sono piccole, tonde e possibilmente croccanti, con un profumo di arancia e fil ‘e ferru che ti rimette al mondo. Finalmente trovo il tempo per parlarti delle zeppole, le tzìpulas(a), come le chiamiamo dalle mie parti, che fanno carnevale come una maschera o un coriandolo.
Prepararle è faticoso, l’impasto che deve ben lievitare prima d’essere fritto e va necessariamente amalgamato con fatica: è necessario se lo si vuole elastico. Solo in quel caso verranno fuori delle tzìpulas degne di questo nome. Una volta fritte le devi insemolare nello zucchero e poi si mangiano, calde, caldissime.
Non è un caso che quando le si prepara sia molto meglio essere in tre: la jana maista (la cuoca più esperta che in effetti è una fata maestra) impasta, mentre le altre due le forniscono gli ingredienti. Mentre l’impasto lievita si chiacchiera, possibilmente davanti ad un bel fuoco e con un tè in mano, e dopo due orette circa ci si prepara per friggere: gli assetti cambiano. La jana maista prende piccole porzioni di impasto e forma delle ciambelle piuttosto elastiche e le altre due si cimentano l’una nella frittura (la jana seconda in carica) e l’altra, l’apprendista, mette le zeppole nello zucchero e offre alle compagne. Io ad oggi mi sono guadagnata il posto di jana seconda in carica, per il titolo di Jana maista ci devo ancora lavorare.
Chi
Di nomi ce ne sono quanti ne vuoi: burte pesadu a Orune, busones a Posada, bubusones a Orosei, uvusones a Bitti, cattas, catzas e gathas a Nuoro e dintorni, frisgioli nel sassarese, frisgioli longhi in gallura, e dalle mie parti tzìpulas (campidano di Cagliari, Oristano, Mandrolisai Barbagia di Belvì e di Ollolai).
Dove
Ovunque nell’isola
Quando
A carnevale, per quanto sembra che un tempo fossero dolci non necessariamente carnevaleschi ma venissero confezionati anche in occasione della Pasqua. Oggi tzìpula vuol dire carnevale.
Zeppole: gli ingredienti
1 kg di farina
100 gr di strutto
150 gr di zucchero
4 uova
2 limoni
2 arance (buccia e succo) (regolati in base alle dimensioni)
200 gr di patate lesse (o ricotta)
½ litro di latte
60 gr di lievito (di birra)
3 cucchiai di acqua vite
1 bustina di zafferano
Come procedere
Prima di tutto metti il lievito di birra a sciogliere nel latte tiepido. Intanto impasta gli ingredienti partendo dalla farina, strutto, zucchero e uova e patate. Mentre la jana maista impasta la seconda in carica deve grattugiare gli agrumi sulla farina e spremere le arance unendo il succo gradualmente, alternando con il latte e lievito di birra. A questo punto deve aggiungere anche il fil’è ferru e quando la jana maista ne ha necessità ammorbidire l’impasto con il latte tiepido e lievito.
L’impasto deve essere fatto “saltare” acchiappato con un gesto della mano che ricorda il pizzicare. E’ faticoso ma il risultato è niente male. Metti l’impasto in una terrina, coprilo per tenerlo al caldo e aspetta.
Ora non resta che pulire tutto: incarico della jana apprendista.
Tieni con te uno scolapasta per scolare le frittelle tolte dall’olio e abbondante e zucchero: preparati all’assalto delle cavallette che fino ad ora sono state in altre stanze, ma quando sentono odore di frittura non resistono e arrivano di volata in cucina.
La leggenda
In molti paesi della Sardegna il penultimo giovedì di festa era detto “gioi di li gomari”, “giobia de is gommais”, giovedì delle comari. Le comari erano infatti tenute ad inviarsi vicendevolmente delle zeppole in dono, ma anche frutta secca, salsicce e quel chi si aveva di buono in casa.
C’è pure una leggenda che da spiegazione a questo uso: pare che un giorno, due comari si incontrarono la vigilia del penultimo giovedì di carnevale per friggere insieme. Prepararono una quantità notevole di zeppole, ma dopo aver fritto i dolci, piuttosto stanche si addormentarono. Alcuni ragazzini che passavano di là, vedendo quelle gustosissime frittelle incustodite decisero di mangiarsele tutte. Le comari al risveglio non ne trovarono nemmeno una e da allora è in uso di scambiarsi la frittura il penultimo giovedì di carnevale: in questo modo non succederà mai più di trascorrere la giornata di festa senza assaggiare nemmeno una zeppola (da Maschere e doni, musiche e balli di Luisa Orrù).
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