Su cabude: la focaccia dolce di Capodanno
In Sardegna non esiste un vero e proprio dolce di natale, se si fa eccezione per il Pan’è Natale, per cui mi sono spinta leggermente oltre e ho scelto di mettere in forno un dolce singolare: chi lo confeziona lo chiama Cabude. Mi è piaciuta la storia, mi è piaciuta la tradizione ma soprattutto mi sono piaciuti gli ingredienti. D’altronde la frutta secca, la sapa, e l’uva passa vanno a nozze con il Natale.
Chi
Càbude – Càpude
Dove
Goceano, Meilogu, Monteacuto e dintorni
Quando
Per il capodanno ed epifania
Cabude: ingredienti per la pasta
- 1 kg di farina
- 300 gr di zucchero
- 250 gr di strutto
- 5 uova
- 1 bustina di lievito
- 500 gr di mandorle
- 250 gr di noci
- 150 gr di uva passa
Cabude: ingredienti per il ripieno
- Sapa di vino
- Miele
- Mandorle
- Uva passa
- 1 arancia (scorza)
- 1 tazzina di caffe
- Pane grattugiato
Cabude: ingredienti per la cappa
- Zucchero a velo
- Albume
Come procedere
Prima di tutto pensa al ripieno che ha un suo nome e una sua identità. Si chiama pistiddu e ne abbiamo già preparato uno. Ti ricordi i coricheddos? Metti in un pentolino la sapa e il miele, fai scaldare il composto e in sequenza aggiungi gli altri ingredienti. In base a quanto pane grattugiato aggiungerai il pistiddu sarà più o meno denso. Ricorda che dovrai spalarlo sulla focaccia dolce, quindi è bene sia denso ma non troppo secco. Lascia raffreddare e tira su le maniche, si impasta.
Una volta pronto l’impasto dividilo in piccole porzioni e stendi, taglia in forma circolare, riempi con su pistiddu e chiudi. Io ho infornato a 180 gradi per una 20 ina di minuti.
Lascia sfreddare su càbude e solo dopo incappa. Sa cappa la ottieni frullando zucchero a velo e albume. E’ pronta quando il composto è lucido e brillante.
Magia del dolce
La focaccia sembra aver qualcosa a che fare con il junuale libum, che a Roma ci si scambiava fra amici durante le calende di Gennaio, per il festeggiamento di Giano bifronte. Comunque siano andate le cose in Sardegna si conoscono almeno due varianti de su càbude: quella dolce e quella più semplice e antica a base di pasta isviolada (a base di semola e strutto). Inizialmente all’impasto di semola vennero aggiunte la frutta secca e l’uva passa e in seguito venne inserito il ripieno a base di sapa, con la creazione di un vero e proprio dolce.
Qualunque fosse la variante che si sceglieva di infornare, niente doveva essere lasciato al caso. Chi preparava su càbude doveva stare ben attenta che non si spaccasse: in quel caso l’anno non sarebbe andato un gran che bene. La notte di capodanno il dolce veniva dato al capo famiglia che doveva romperlo sulla testa o del primo genito o del più piccolo presente. Anche questa operazione richiedeva una certa abilità: maggiore era la quantità di briciole finite nel braciere, maggiori erano gli anni di fortuna e di abbondanza in serbo per la famiglia.
Su càbude, come qualsiasi altra pietanza speciale, era distribuita fra i più bisognosi che durante il capodanno, in questua, ne facevano richiesta alle famiglie benestanti.
Brebus e frasi augurali
“Cantas renzas ruen in su fogu, appemus annos de bona fortuna”.
“Quante briciole cadono nel fuoco, tanti saranno gli anni di buona fortuna”.
“A chent’annos a nde fagher cabudes mannos”.
“A poterne fare fino a cent’anni di cabudes grandi”.
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