Savoiardi sardi, soffici come una nuvola
I savoiardi sono sempre stati dolci onnipresenti in casa. C’erano. A prescindere dall’occasione, dal periodo, dalla situazione. Loro, i savoiardi c’erano. Però a differenza di qualsiasi altro dolce, che fosse una ciambella o un mustacciolo, un amaretto o un bianchino, i savoiardi si compravano.
Nella stretta cerchia della mia famiglia non conoscevo nessuno che i savoiardi li facesse.
Sarò sincera, fino a qualche tempo fa non me ne sono mai interessata. Poi, non ricordo più in quale occasione, ho sentito dire che farli bene questi savoiardi, gli onnipresenti, è davvero difficile. Non salgono, scendono, si smontanto… insomma ho sentito di tutto. Ora ho capito perché.
Per farli bene per davvero li ho dovuti preparare per tre volte. Alla fine ho avuto la meglio e posso garantire per loro: inzuppati nel caffè sono deliziosi.
I savoiardi in Sardegna hanno il loro nome: sono i pistoccos, pistoccus finis, biscottos de caffè, bistoccus de ou e non a caso visto che si accompagnano benissimo con il caffè e il gusto delle uova lo senti tutto, specie quando hai la fortuna d’assaggiare quelli fatti in casa.
Gli ingredienti che si utilizzano un po’ ovunque sono sempre gli stessi, ma le dosi varianoanche di molto, tant’è che nel libro “Dolci in Sardegna” che io consulto sempre prima di avvicinarmi ad una nuova ricetta, non sono segnate le dosi.
Per questo ho iniziato a chiedere in giro: dopo qualche settimana mia suocera è tornata vincitrice e mi ha portato una ricetta antica e ben equilibrata.
“E’ stato difficile”, mi ha detto. “La ricetta o non la vogliono dare o non la conoscono proprio. Sono dolci che normalmente compravano. Io però l’ho ricevuta dalla figlia di una “durchera” che li faceva. Non era per niente semplice”.
La maggiore difficoltà pare fosse rappresentata dallo stendere regolarmente i savoiardi sulla teglia: “… tant’è che tutte potevano prepararli, ma per stenderli chiamavano sempre tziaZizza”, che io non ho avuto la fortuna di conoscere ma che stendendo per la terza volta i savoiardi non ho potuto fare a meno di invocare.
Deve essere intervenuta perché i savoiardi sono venuti fuori benissimo.
Il segreto oltre la mano ferma nel momento in cui i savoiardi vengono stesi è rappresentato dal montare a neve ferma gli albumi. Per sapere se il risultato è ottimale ti consiglio un rimedio antico: infilaci dentro una forchetta e vedi se rimane in piedi.
Savoiardi sardi: ingredienti
30 uova
1kg di farina
900 gr di zucchero semolato
zucchero a velo
poche gocce di limone
scorza di 1 limone
Procedimento
Mescola i tuorli con metà dello zucchero e lavora finché non diventano spumosi e tutti bollicine, aggiungi la scorza di un limone e metti da parte.
Dedicati agli albumi, aggiungi la restante parte dello zucchero semolato e poche gocce di limone (dovrebbero rendere “fermo” il composto) e monta. Fai la prova della forchetta e poi lentamente inizia ad aggiungere ai tuorli poca farina (con setaccio) e poco albume.
Mescola delicatamente, dall’alto al basso, per evitare che il tutto si smonti.
Una volta amalgamato il tutto prendi la tua saccapoche e stendi in teglia. I savoiardi dovranno essere diritti e lunghi circa 7 – 10 cm.
Spolvera con abbondante zucchero a velo e inforna a 160 gr finché non si sono ben gonfiati e dorati appena.
Quando proverai a farli capirai perché normalmente i savoiardi erano dolci di competenza delle “mastras durcheras”, le maestre dolciarie, esperte in pasticceria e che prestavano i propri servigi nelle altrui case.
Ti saluto con una curiosità e un mistero: a Nuoro per montare a neve gli albumi si creava una spettacolare frusta artigianale realizzata con sei rametti di olivo ben puliti, legati assieme in prossimità delle punte che rimanevano leggermente aperte.
Il mistero invece è questo: a Benetutti preparano dei biscotti detti biscottos de ‘entu o fines. Sono leggerissimi e sembra che nell’impasto non compaia farina. Ovviamente la ricetta è custodita gelosamente, ma se ne sei a conoscenza e proprio la vuoi condividere con me, contattami!
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