Pippiedda ‘e Tùcaru: la tradizione ritrovata
Alcune tradizioni non dovrebbero mai morire. L’uso di confezionare la pippiedda ‘e tùcaru ad esempio non si sarebbe mai dovuto spegnere. Cosa c’è di più bello che consegnare, nelle mani delle bambine che ne fanno richiesta durante la questua in onore dei defunti, una piccola bambolina confezionata con la semola e lo zucchero?
Vitalità dell’uso: uso cessato approssimativamente da un cinquantennio, ho letto su “Dolci in Sardegna” e ancora “Fra i dolci ricevuti dai bambini nelle questue in uso il giorno della Commemorazione dei defunti presenta particolare interesse il tipo, ormai scomparso, della pippiedda ‘e tùcaru” su “I dolci e le feste” di Susanna Paulis.
Alcune tradizioni non dovrebbero mai morire, ma il bello degli usi è che possono essere risvegliati al momento giusto, un po’ come si fa con il lievito madre.
Ho deciso che quello della pippiedda ‘e tùcaru sarebbe diventata una tradizione di casa Koendi, interamente dedicata alla mia piccina, e così è stato. Mi è servita della semola, dello strutto e un po’ di zucchero. Il resto l’hanno fatto le mie mani e la mia fantasia.
Chi
Pippiedda ‘e tùcaru, ma anche Pippiedda ‘e tùharu
Dove
Barbagia di Nuoro
Quando
Durante la questua in occasione della commemorazione dei defunti localmente detto su pedicoccone
Gli ingredienti per 4 Pippiedda ‘e Tùcaru di media dimensione
- 500 gr di semola;
- 3 uova;
- 150 gr di zucchero;
- 125 gr di strutto;
- 1 bustina di lievito;
- scorza di un limone grattugiata;
- sapa quanto basta (una mia variante)
- acqua quanto basta
Come procedere
Si inizia impastando la semola con le uova, e lentamente si aggiunge lo zucchero sciolto nell’acqua e sapa. Infine si aggiunge lo strutto, il lievito e la scorza di limone. L’impasto si deve lavorare piuttosto a lungo fintanto che non ti sembrerà liscio a sufficienza. Non è un caso che questo genere di pasta venisse detta travallà (lavorata). Conclusa la lavorazione dividi l’impasto in quattro parti, stendi ogni parte con il mattarello, ritaglia la pippiedda e lavorala a piacere.
Inforna a 180 gradi fino a che la bambolina non inizierà a dorarsi. Se non hai aggiunto la sapa e ti sei attenuta alla ricetta originale spennella sa pippiedda con un composto di acqua e zucchero semolato: conferirà al dolcetto un gusto più invitante. A preferenza puoi spennellare il dolce con del rosso d’uovo prima di infornarlo. Per le decorazioni sbizzarrisciti: un tempo si usavano chicchi di caffè, frutta secca, semi della frutta e cioccolato.
Curiosità e varianti
La pippiedda e tùcaru era riservata alle bambine e veniva confezionata anche durante sa pasca ‘è aprile (la Pasqua). Diventava la pippiedda chin s’ou ma l’idea di base non cambiava. I bambini andavano in giro per il paese dalle 9 alle 12 con un cestinetto e domandando su pedicoccone, ricevendo in cambio la bambolina di pasta dolce o mandorle, fichi secchi, melagrane, uva passa, noci e melecotogne.
L’angolo delle cuoche(i)
Tu hai mai confezionato questo dolce? Lo hai mai ricevuto! Puoi dire la tua commentando l’articolo qui, su FB, ma anche su twitter e instagram. Condividi usando l’hasthag #Koendi e #pippieddatucaru
Leave a comment