Cattas: le frittelle a spirale di grano duro

Cattas: le frittelle a spirale di grano duro

Questa ricetta me la hanno raccontata davanti a “sa ziminea”, in dialetto il caminetto. Era una notte di febbraio inoltrato, nella cucina c’era un caldo morbido e piacevole; dopo qualche racconto di paese e di fantasmi siamo giunti inevitabilmente alla cucina, alle frittelle, alle cattas.  Dovevo provarle: l’ho fatto e ne sono piuttosto felice.

Arancio pallido, odore di fritto, zucchero semolato cosparso abbondantemente sulle mani, sulla bocca, a terra. Vago odore di fil’è ferru e di pasta lievitata. È tempo di frittura. È tempo di zeppole perché finché dura il carnevale dura la festa.

In lunghi 37 anni di vita ho provato quasi ogni forma di frittura carnevalesca nota e ignota sull’isola, ma queste mi mancavano. Le chiamano cattas, catzas, frisgioli longhi, frisciole, anche se in alcune località dell’isola parlano di cattas e si riferiscono a quelle che io chiamo tzipulas.

Facciamola semplice. Ieri ho provato a preparare, con ottimi risultati c’è da dirlo (gnam), quella tipica frittura lunga, che si attorciglia su se stessa: la si realizza con un imbuto a manico lungo e a vedersi è davvero bella.

Le “cattas” nel ricordo

Tzipulas e Cattas sono oggi un dolce tipicamente carnevalesco, ma sembra che un tempo le cose non stessero esattamente così: le si preparava in varie occasioni. Natale, Pasqua (a Torpè) e addirittura 8 giorni dopo la morte di un parente o in occasione del trigesimo (a Lodè). Ancora a Lodè si era soliti preparare le frittelle in occasione della prima uscita della puerpera. L’uscita avveniva dopo 40 giorni dal parto e ci si recava direttamente in chiesa, esattamente come, tradizione cristiana racconta, aveva fatto Maria. Uscendo di casa mamma e bambino trovavano davanti casa due spiedi posti in forma di croce che venivano aggirati. La donna raggiungeva la chiesa, veniva benedetta insieme al proprio bimbo e si faceva poi ritorno a casa: il rituale era comunemente detto “de s’incresiadura” e ne parlo spesso durante la presentazione dei miei libri, quando si conversa di panas. Magari ti è capitato di ascoltarmi.

Ma torniamo a parlare di cattas: le si friggeva in olio o più comunemente in strutto e se non si disponeva dell’imbuto a manico lungo l’impasto veniva versato in una vecchia federa di cuscino bucata in un angolo. Insomma l’antecedente economica della saccapoche. Manco a dirlo non esistevano i fornelli a gas per cui si cucinava sul fuoco con treppiede e tegamone dai bordi alti. Immaginate le gare a chi friggeva la frittella più lunga!

Cattas vs tzipulas

La differenza sostanziale che evidenzia l’unicità delle cattas e delle tzipulas sta nella differenza di ingredienti presenti nell’una preparazione ed assenti nell’altra.

Nelle cattas le grandi assenti sono le uova e lo zucchero, il grande presente è il rimacinato di grano duro o il fior di farina (di grano duro). La presenza del grano duro mi ha entusiasmato, insieme chiaramente alla ricerca dell’imbuto che non trovavo. Poi ho sguinzagliato mio padre e il problema si è risolto alla modica cifra di 13 euro.

Cattas: la ricetta (Dose per 15 cattas circa a tre giri)

Per preparare le cattas ti servono questi ingredienti:

1 kg di rimacinato (io grano duro senatore capelli)

2 arance (scorza e succo)

50 gr di lievito di birra

1 litro di latte tiepido

1 cucchiaino di sale

1 patata bollita e schiacciata (io rossa)

1 bicchierino di fil’è ferru (io anche due)

Cattas: come prepararle

Mescola alla semola la scorza d’arancia e il cucchiaino di sale. Lavora con il succo delle arance e lentamente aggiungi latte nel quale hai sciolto il livevito, patata bollita e il fil’e ferru.

Impasta con pazienza e lentamente aggiungi il latte solo quando la pasta lo richiede. Ricorda che l’impasto dovrà rimanere leggermente liquido.

Metti a riposare per 30 minuti circa in un luogo riparato (io metto sempre in forno spento ma con la lampadina accesa) e preparati per la frittura.

Ti serve l’imbuto a manico lungo o una saccapoche, olio di arachidi, due bastoncini lunghi di legno e un mestolo in legno. Procurati anche dello zucchero semolato bianco e carta assorbente.

Predisponi un piatto per poggiare le frittelle cotte e un altro piatto per cospargerle di zucchero.

Friggi in compagnia di tua madre, tua sorella, un’amica, tuo marito o chi vuoi tu e poi spegni il fuoco, siediti e mangia.

Cattas: curiosità

Un tempo quando si friggeva per carnevale lo si faceva seriamente: di certo non si accontentavano di un 1kg di rimacinato. Capitava allora che di frittelle ne rimanessero anche per i giorni seguenti.

Nessun problema: venivano messe sul fuoco e abbrustolite o messe ancora in olio bollente a “pistiddare”.

 

Fonti

Dolci in Sardegna, Ilisso

Ricette ricevute in regalo e liberamente reinterpretate

Racconti raccolti davanti a sa ziminea (il caminetto)

Le sante mani di mia madre che si presta sempre per tutti gli impasti.

 

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